Di Stefania Caiazzo, urbanista.....
La questione del PUC è da tempo al centro della politica del gruppo INSIEME PER PIANA che sta spingendo una maggioranza inerte che si culla sulle proroghe regionali che prima o poi finiranno. Nel frattempo si va avanti con varianti urbanistiche e modifiche a macchia di leopardo come ha sempre fatto la vecchia politica senza un'armonizzazione del territorio e senza una reale pianificazione.
Siamo ben lieti di ospitareicolo dell'Urbanista Stefania Caiazzo e nei prossimi giorni ci occuperemo nuovamente del tema con un contributo del dott. Paolo Carpentieri, voce autorevolissima che propone soluzioni molto vicine a quelle professate dal gruppo Insieme per piana.
Molti comuni in Campania non hanno il piano urbanistico. Ma il fallimento non è imputabile all’urbanistica, come alcuni ritengono, bensì alle amministrazioni. A quelle amministrazioni che continuano a sottovalutare il rischio dei poteri sostitutivi regionali, eludendo il piano urbanistico e il suo ruolo fondamentale di strumento in grado di dare valore di legge alle ambizioni di sviluppo di una comunità.In Campania la disaffezione per la pianificazione è d'altronde antica e ha ragioni che riguardano poco la disciplina, molto il potere e la cattiva amministrazione.Negli ultimi venti anni, le città, soprattutto di media dimensione, in barba a qualsiasi legge e a qualsiasi visione strategica, hanno continuato a trasformarsi per pezzi, attraverso deroghe, varianti di piano, interventi finanziati con risorse pubbliche o con i fondi europei, determinando cambiamenti profondi degli spazi e degli usi urbani, spesso gravi ricadute urbanistiche, ambientali e sociali. E questo sia per le numerose proroghe concesse ai comuni inadempienti, sia per le blande limitazioni agli interventi realizzabili in assenza di piano, previste dalla legge regionale, tra i quali gli interventi approvati ai sensi della programmazione economica regionale e finanziati con risorse pubbliche o della Unione europea.Alla pianificazione - che si occupa di definire, in modo democraticamente condiviso, le strategie complessive di sviluppo sostenibile e di riduzione del consumo di suolo, di promuovere l’uso razionale del territorio, la salvaguardia, la tutela dell’identità territoriale e il controllo delle trasformazioni valutando le ricadute ambientali complessive, anche attraverso l’attivazione di strumenti fondamentali come la Valutazione ambientale strategica - si contrappone la trasformazione incrementale, circoscritta, senza piano da rispettare. Questo intervento è quello più ambito dalle amministrazioni e dai sindaci che possono disporre, senza piano urbanistico, di grande autonomia e discrezionalità: in Campania, l’efficienza di un’amministrazione sembra si misuri sulla capacità di recuperare fondi per i progetti, sul numero di interventi realizzati, sulle deroghe che riesce a strappare agli enti sovraordinati. A tutto questo fanno buon gioco i consistenti fondi stanziati negli anni dalla programmazione nazionale e regionale (Piani per le città, PIU Europa, Piani delle periferie, PICS) che non richiedono l’obbligo di avere un piano urbanistico aggiornato che ne dimostri la coerenza strategica.Anche il recente Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare darà una pesante battuta di arresto all’approvazione dei piani. Il Programma infatti - previsto nella legge di bilancio n.160/2019 e recentemente reso operativo dal decreto del MIT– stanzia circa 850 milioni di euro a favore di regioni, città metropolitane, capoluoghi di provincia, comuni con più di 60.000 abitanti per la riduzione del disagio abitativo. Questi processi, si scrive nel decreto, sono individuati dai soggetti proponenti seguendo la rifunzionalizzazione di aree, spazi e immobili pubblici e privati anche attraverso la rigenerazione del tessuto urbano e socioeconomico; il miglioramento dell’accessibilità e della sicurezza dei luoghi urbani e della dotazione di servizi e delle infrastrutture urbano-locali; la rigenerazione di aree e spazi già costruiti anche attraverso l’uso di operazioni di densificazione.Ancora una volta un programma nazionale - pur rivolgendosi alle regioni, a cui è delegata la potestà legislativa in merito al governo del territorio, e ai comuni, a cui spetta l’obbligo della pianificazione - non inserendo tra i requisiti necessari la coerenza con uno strumento urbanistico - conferma la tendenza ad aggirare la pianificazione. Secondo queste logiche, dunque, i comuni continueranno ad impegnarsi per accaparrarsi i fondi più che per pianificare, a dispetto dei diritti sottratti alle comunità insediate: il diritto al piano, a strategie e scelte condivise, alla partecipazione democratica, alla garanzia della sostenibilità ambientale.
Nessun commento:
Posta un commento