In primo luogo bisogna intervenire e realizzare le opere di bonifica e di assestamento degli argini dei Regi Lagni, il canale realizzato in epoca borbonica che attraversa la pianura campana, per farlo ritornare ad essere “i giardini d’Europa”. Oramai è ridotto ad una fonte di continuo inquinamento e di dissesto idrogeologico per i comuni che attraversa e per le campagne circostanti. Basta osservare lo spettacolo che si offre ai nostri occhi alla foce in mare: è inquietante ed impressionante, in quanto sembra una grande cloaca a cielo aperto che scarica nel Tirreno le sue acque nerastre e maleodoranti, cariche di veleni e di rifiuti di ogni tipo. Il Consorzio di Bonifica, l’ente di gestione regionale, negli ultimi mesi ha manifestato l’intenzione di realizzare un progetto insieme con i comuni interessati con il ricorso a cospicui finanziamenti di livello nazionale ed europeo.
Per rimanere nel settore idrico bisognerebbe capire che fine farà l’altro progetto per il Contratto di fiume del Volturno, che è stato avviato dalla precedente amministrazione comunale di Capua, con l’adesione dei comuni del basso e medio Volturno, dell’università L. Vanvitelli e di diverse associazioni ambientaliste. Ora sembra che la procedura sia all’esame degli enti ed istituzioni di livello intermedio, come la Provincia di Caserta e lo stesso Consorzio di Bonifica, che allo stato ancora non hanno prodotto alcun atto in merito. Alcuni mesi fa alcune associazioni aderenti (Le Piazze delSapere-CasertaTurismo –Auser Caserta e Capua - LIPU Caserta - Legambiente Caserta - Italia Nostra - Confederdia Campania -Block Notes - TCI Aperti per Voi e Archeoclub Campania) hanno sollecitato i sindaci aderenti di portare avanti il progetto con un primo atto di partecipazione concreta: costituire un comitato promotore del contratto con la partecipazione di tutti gli aderenti. Si tratta di uno strumento che mira a raggiungere gli obiettivi delle Direttive Europee sulle Acque (2000/60/CE) e sulle alluvioni (2007/60/CE), supportando e promuovendo politiche ed iniziative volte a consolidare comunità fluviali resilienti, riparando e mitigandole pressioni dovute a decenni di urbanizzazione sregolata. Dal Contratto possono discendere grandi opportunità per accedere a fondi regionali, nazionali ed europei, in quanto si tratta di un accordo tra soggetti che hanno responsabilità nella gestione e nell’uso delle acque, nella pianificazione del territorio e nella tutela dell’ambiente. Come è stato ribadito da più parti, ora è necessario che quanto prima si ricostituisca un gruppo di lavoro formato dalla Regione Campania, Autorità di bacino dei fiumi Liri e Garigliano, Università, e Provincia di Caserta, Comuni aderenti, Consorzi di Bonifica, Forum del terzo settore, Parti sociali ed Associazioni ambientaliste, finalizzato allo studio delle criticità, delle peculiarità e delle potenzialità del bacino idrografico del fiume Volturno. Tutto ciò è realizzabile anche con la collaborazione dei singoli cittadini che attraverso “PATTI DI COLLABORAZIONE”, eccezionale strumento di partecipazione condivisa, possono contribuire alla manutenzione delle infrastrutture realizzate attraverso il Contratto di Fiume Volturno.
In terzo luogo bisogna fermare la maledizione delle cave, come da decenni richiedono tanti cittadini ed associazioni.
Per la loro estensione i colli Tifatini dovrebbero essere un bene comune primario per le comunità del territorio da tutelare e valorizzare sia per la loro rilevanza ambientale e botanica che dal punto di vista storico e culturale. Invece continua lo scempio ed il saccheggio delle cave nell’indifferenza (a volte anche di connivenza di tipo camorristico) quasi generale da parte delle istituzioni ed anche dei cittadini. Lo sfregio delle cave è diventato enorme, con danni irreversibili ed un vero dissesto ambientale, che è sotto gli occhi di tutti. Ora quelle colline non ci proteggono più come una volta. E purtroppo la situazione viene aggravata dai tempestosi mutamenti climatici.
La corta visione politica e la scarsa sensibilità ambientale degli amministratori continua a produrre danni incalcolabili: un dissesto idrogeologico senza pari. Non basta la chiusura delle attività dei due cementifici (Cementir e Moccia dei veri “mostri industriali” nel pieno della conurbazione casertana), bisogna impedire che in vari punti si continui a scavare ed estrarre calcare (come si può vedere a occhio nudo), bisogna fermare del tutto queste attività, che da decenni ci divorano la vita e la salute. Da parte delle associazioni ambientali e comitati dei cittadini più volte è stato riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica lo scempio già prodotto con la devastazione delle cave con un’ opera di distruzione ecologica, che ha già prodotto una situazione di dissesto ambientale per molti versi irreversibile.
Per questi motivi abbiamo costituito una rete di associazioni anche per rilanciare il progetto di interesse regionale del Parco dei colli Tifatini. Come primo atto abbiamo inviato la richiesta a due assessori comunali di Caserta per una verifica ed un approfondimento in merito. Finora non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Nello stesso tempo intendiamo chiedere con forza alle più alte autorità dello Stato e della Regione – anche al Governo – di bloccare questa folle corsa verso la distruzione dell‘eco-sistema in una delle aree a più alta densità urbana e produttiva.
A tal fine stiamo valutando di organizzare una manifestazione nei prossimi giorni per fare in modo che il Parco dei Colli Tifatini diventi una realtà, una vera priorità per tutti. Come rete di associazioni vogliamo lanciare un appello, rivolto in primo luogo alle massime autorità istituzionali (dalla Regione Campania alla Provincia fino ai Sindaci di Caserta, Capua, Casagiove, Castel Morrone, Casapulla e San Prisco, che hanno già aderito al parco in modo formale).
Nonostante i guasti enormi già prodotti, noi riteniamo che, come è avvenuto in tante altre realtà, si possono progettare interventi per riutilizzare le cave destinandole ad altre attività di tipo sociale e produttivo, in primo luogo per ripristinare i siti naturali, con opere di “ripascimento” (come sta avvenendo in qualche caso). In merito l’università L. Vanvitelli (a partire dal Polo Scientifico) può dare un contributo decisivo per rilanciare un dibattito ed un confronto su nuove idee di crescita sostenibile. Tra l’altro le cave incidono negativamente anche sui lavori del nuovo Policlinico, da anni bloccato.
Pasquale Iorio Le Piazze del Sapere
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