TENUTA EX CIRIO BALZANA,BENI CONFISCATI E LEGALITÀ DEMOCRATICA.

 



Noi di RINASCITA PIANESE siamo ben lieti di pubblicare l'appello ........

dell'associazione culturale PIAZZE DEL SAPERE di cui fa parte anche l'amico Andrea Mongillo.
L'impegno per la legalità va oltre i confini pianesi e riguarda la vicenda dell'ex tenuta Cirio Balzana una località - commenta Mongillo - "alla quale molti cittadini pianesi sono tanto legati. Ad esempio negli anni 80 il compianto Raffaele Senese ne era responsabile amministrativo".
Ringraziamo anche l'amico e Presidente Pasquale Iorio.
Dopo aver letto alcuni articoli di si rimane sconcertati e preoccupati su come vanno le cose in tema di beni confiscati in quello che veniva considerato una sorta di “modello casertano” per la legalità democratica. Infatti, a fronte della dimensione del bene sottratto alla camorra (ad alcuni dei clan più pericolosi) appare incomprensibile ed alquanto pretestuosa  l’attuale posizione del comune di S. Maria la Fossa, che si sta assumendo la pesante responsabilità di far perdere ben 15 milioni di euro stanziati dal CIPE per la realizzazione di “un parco agroalimentare dei prodotti tipici campani”, ben coerente con la storia economica e con la vocazione agricola di quest’area situata nel cuore dei Mazzoni.
Bisogna partire dal dato che si tratta di uno dei beni confiscati (oggi “liberati” dal dominio mafioso) tra i più ampi a livello nazionale. Stiamo parlando di un territorio, quello della Balzana,  che si estende per oltre 220 ettari. In questa vasta tenuta – che una volta era il regno delle famiglie più potenti dei clan della camorra, posta sotto sequestro nel 2010 con il processo Spartacus – su proposta del Consorzio Agrorinasce dal 2017 è stato presentato con realtivo finanziamento un progetto molto ambizioso e qualificato, destinato ad avviare un futuro di riscatto economico-sociale e di riqualificazione produttiva in un’area di grandi dimensioni nella bassa pianura del Volturno.
Per realizzarlo occorre una capacità e volontà del tutto innovativa, fondata in primo luogo sulla cooperazione tra le istituzioni (in primo luogo il Ministero degli Interni tramite l’Agenzia Nazionale), l’affidatario della tenuta che allo stato è il Consorzio Agrorinasce, che da 40 anni gestisce progetti ed attività sui beni confiscati, ed il comune competente. E qui casca l’asino, in quanto il nuovo sindaco di S. Maria la Fossa ha avviato una procedura di contestazione, anche con la fuoriuscita dal Consorzio, con la richiesta di affidamento diretto dell’area.
Questa richiesta appare immotivata e forzata per diversi motivi. In primo luogo perché in questo modo prestestuoso viene messa in discussione l’operato di Agrorinasce, che finora è stato visto come un punto di riferimento nella lotta ai clan criminali, grazie all’attivazione di interventi e di progetti di riuso sociale e produttivo di tanti beni confiscati. E’ unanime il riconoscimento (anche a livello europeo) di una delle buone pratiche più virtuose nella lotta alla criminalità organizzata in Terra di Lavoro e nel Sud. Con la minaccia di fuoriuscita dal Consorzio, che non appare ben motivata, si mette in discussione questa esperienza oramai ben consolidata, che si fonda su una costante ricerca di cooperazione tra tutti gli attori, da quelli istituzionali, a quelli sociali e religiosi (a partire da Libera, al Comitato don Diana fino al FTS Casertano).
Infine, come ben ha rilevato il presidente di Agrorinasce Gianni Allucci in questo modo di procedere si corre il rischio di svuotare tutto il progetto, con la perdita dei cospicui fondi già stanziati. A questo punto appare legittima una domanda: a che pro e con quali finalità si muove il comune su una strada che può vanificare  anni di lavoro del fronte antimafia. Come sostengono in molti, in una fase così delicata appare più che mai necessario ed urgente l’intervento di livelli intermedi, come la Regione Campania per cercare di ricondurre il contenzioso sulla via della collaborazione interistituzionale, l’unica che può risultare decisiva e vincente  in un campo così delicato per affermare condizioni nuove di sviluppo sociale, di riscatto civile e democratico in quelle che vengono ancora connotate con stereotipi come le “terre di Gomorra o dei veleni”. Nello stesso tempo sarebbe auspicabile anche una netta presa di posizione da parte della rete di enti ed associazioni che sono in prima fila per la legalità democratica: da Libera al Comitato don Diana fino al FTS Casertano e alle orgsnizzazioni sindacali.

Pasquale Iorio                                                         Caserta, 25 novembre 2020

Le Piazze del Sapere

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