COVID 19, LA DOTT.SSA PALAZZO SUL RAPPORTO TRA PSICOLOGIA E NEGAZIONISMO.



SIAMO BEN LIETI E DI QUESTO RINGRAZIAMO LA DOTT.SSA PALAZZO................

di pubblicare un interessantissimo articolo molto attuale sul rapporto tra psicologia e negazionismo.
Un fenomeno attuale che abbiamo l'onore di analizzare sul piano psicologico proprio grazia ad una professionista del nostro paese.
Molte persone ultimamente arrivano in ospedale  per  Covid, ma  allo stesso tempo affermano che non esiste. Il fenomeno del negazionismo ormai è quasi diventato mainstream, ma una riflessione più accurata deve esse fatta soprattutto quando questo fenomeno entra nelle corsie degli ospedali. Cosa può spingere una persona a negare così tanto un dato di realtà scientificamente fattuale? E come può negarlo soprattutto quando la persona affetta sia un familiare o addirittura se stesso?
Negli ospedali, saturi a causa della seconda ondata, alcuni pazienti non accettano la realtà del contagio, scettici di fronte al fatto che possa essere stato il virus a ridurli in quelle condizioni.
L’ultima testimonianza in ordine di tempo arriva dagli Stati Uniti. “La cosa più tragica è vederli morire increduli”, ha raccontato Jodi Doering, infermiera di un ospedale del South Dakota intervistata dalla CNN. L’operatrice sanitaria ha proseguito: “Continuano a dire che il virus non esiste anche mentre li sta uccidendo. Le loro ultime parole a volte sono: ‘Dimmi la verità, che malattia ho?’”. Una testimonianza, quella della Doering, che si unisce a quella di altri sanitari, che si imbattono nello scetticismo di chi curano e tentano di salvare.
A livello psicologico si tratta di comportamenti difensivi dettati da una paura che è di tipo arcaico, immaturo, forti e al limite della distorsione dell’esame di realtà.  Il timore è talmente insostenibile da portare il soggetto a negare qualsiasi ragione, perfino quando si ammala.
Tornando alla cronaca e rimanendo entro i confini italiani, solo qualche giorno fa a raccontare una storia di negazionismo in corsia sulle pagine del quotidiano La Stampa era stata la dottoressa Roberta Petrino, responsabile del reparto di Medicina e Chirurgia d’accettazione e d’urgenza dell’Asl di Vercelli. “È capitato di doversi confrontare con pazienti che, pur clinicamente positivi e sofferenti a causa del virus, sostenessero che comunque non si trattasse di Covid, interpretando il nostro intervento medico quasi come una costrizione. Pochi, per fortuna, ma è successo”, aveva detto il medico del nosocomio piemontese.
 Il negazionismo attecchisce particolarmente bene nell’attuale contesto storico, in cui la spersonalizzazione del mondo globalizzato contribuisce al senso di solitudine e alla perdita di senso critico del singolo. A giocare un ruolo fondamentale è anche l’ostilità nei confronti dell’intellettualismo, che genera la convinzione per cui la propria opinione può valere tanto quanto la scienza
A contribuire al diffondersi di questi comportamenti, ci sono ulteriori fattori. La strumentalizzazione politica della pandemia e il non ottimale utilizzo della comunicazione da parte delle autorità, per esempio. I soggetti hanno finito per non sentirsi coinvolti nelle decisioni prese e nelle misure anti-Covid adottate, vedendole calare dall’alto. Tale fattore ha reso ancora più ardua l’accettazione delle regole e il loro rispetto
Una sensazione di mancato coinvolgimento che spesso sfocia nelle proteste di piazza: proprio in queste ore a Berlino migliaia di persone stanno manifestando contro le nuove politiche restrittive varate dal governo tedesco per fronteggiare il coronavirus. I testimoni hanno parlato di “atmosfera aggressiva” dei molti manifestanti assiepati nelle poche centinaia di metri che separano la Porta di Brandeburgo e l’edificio del Reichstag e a comporre la folla, ha riferito la polizia, persone di ogni età e provenienza, ma anche estremisti di destra e negazionisti.
Nonostante a oggi siano più di 55 milioni e mezzo i contagi e 1.337.559 le vittime causate dalla pandemia (dati Johns Hopkins University aggiornati al 18 novembre 2020, ndr), sono ancora molte le persone che negano l’esistenza del coronavirus. Una convinzione a cui contribuisce la circolazione di informazioni false e fake news attraverso social e media. Le persone si sentono spaesate e, in caso di alti livelli di ansia, finiscono per credere a qualsiasi cosa. Sentirsi dire ‘è tutta una bufala’ serve ad abbassare la tensione, così il soggetto recepisce il messaggio ‘no-Covid’ e lo fa suo.
Il presidente della Società italiana di Psicologia dell’Emergenza ( Ferri ) sottolinea come, paradossalmente, il negazionismo sia accostabile a uno dei contraccolpi psicologici più evidenti della pandemia: la “sindrome della capanna”, ovvero la paura di uscire e lasciare la propria abitazione, il luogo che durante i mesi del confinamento ci ha fatto sentire al sicuro, al riparo dagli agenti esterni. “Si tratta di due facce della stessa medaglia. In entrambi i casi, alla base c’è una grandissima angoscia. Se chi soffre della ‘sindrome della capanna’ tende a chiudersi in casa per paura del contagio evitando qualsiasi tipo di contatto sociale, chi nega il virus reagisce rifiutando la realtà”, dice Ferri.
Una realtà che può essere negata finanche in condizioni estreme, come quelle dei pazienti americani in fin di vita che, assistiti dall’infermiera Jodi Doering, affermavano di non poter essere affetti da Covid-19. Non è poi impossibile che la negazione possa giungere fino a questo punto. Il meccanismo mentale può portare il paziente a convincersi che qualcosa o qualcuno abbia voluto punirlo e che non sia il virus l’origine del suo malessere. L’esperienza statunitense è influenzata in modo estremizzato  dal particolare narcisismo e individualismo di quella società. Non dimentichiamo poi lo spiccato senso di libertà del popolo americano: un elemento che, in generale, rende più difficile il rispetto delle norme collettive.
Nella mente di un negazionista, a livello neurologico e secondo le teorie del neuroscienzato Earl Miller , forse avviene qualcosa di non molto dissimile da quello che accade in certe forme di demenza in cui le zone del cervello ricevono informazioni false e le inviano alla parte di cervello incaricata del pensiero razionale la quale fa degli sforzi per dare un senso a quelle informazioni. La parte del cervello dedicata al pensiero razionale confeziona quelle informazioni false in modo da renderle convincenti, accostandoli spesso alla reciproca influenza tra individui, dall’imitazione del comportamento altrui, aggravato da una ricerca spasmodica di iperinformazioni digitali. Attualmente per quanto riguarda l’aspetto cognitivo non vi è una significativa correlazione tra QI e negazionismo. Questo nuovo fenomeno è attualmente oggetto di studio sia a livello psicobiologico, sociale, cognitivo.

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