ABBIAMO TIFATO E ABBIAMO VINTO ANZI STRAVINTO E VOGLIAMO FESTEGGIARE.
LO FACCIAMO CON LE PAROLE DEL DOTT. GUIDO PERRETTA CARICHE DI EMOZIONE E GIOIA...L’avevamo immaginato così il ritorno alla vita. O forse no, perché neppure il più ottimista degli italiani avrebbe mai potuto ipotizzare di salire sul tetto d’Europa brindando sotto la pioggia di Wembley alla presenza della famiglia reale, colpita nell’orgoglio e costretta, per una notte, a cospargersi di umiltà e modestia. Della serie "Anche i ricchi piangono" o meglio, come diceva una mia cara prof., "I ricchi piangono pure...".
Lì…a
casa loro, nel “tempio del calcio”. Ho avuto la fortuna di visitarlo dal vivo,
Wembley. Un impianto che, già da vuoto, incute un senso di riverenza e
trasmette quell’atmosfera quasi mistica propria dei grandi stadi, dove il
calcio e la storia si mescolano alla leggenda. Una leggenda in cui, da ieri
sera, entriamo da protagonisti grazie a quella caratteristica, prettamente
italiana, di non sentirsi i migliori, ma di esserlo davvero, grazie al
sacrificio, al cuore, al coraggio, alla forza delle idee e del collettivo.
E’ stata davvero una notte magica, come
quella di quindici anni fa e, per alcuni versi, ancor di più. In
quell’occasione il calcio italiano usciva distrutto dallo scandalo
“CALCIOPOLI”, oggi un intero Paese cercava il riscatto dagli orrori della
pandemia. Dopo tanta razionalità, forse, avevamo bisogno di riappropriarci
delle emozioni
E, allora, grazie ragazzi, grazie perché
abbiamo riscoperto la bellezza di festeggiare insieme, dopo tanta sofferenza e
sacrifici. Grazie perché per un mese abbiamo abolito i distanziamenti, le
mascherine, il coprifuoco, le autocertificazioni. E’ stata la scelta più
saggia? Assolutamente no! Ma, di certo, l’unica possibile. Perché l’uomo non è
pura materia, ma soprattutto spirito vivente, e questo spirito va nutrito e
coltivato, anche a costo di assumersi dei rischi. Perché la vita, come ci
insegnano gli antichi greci, non si riduce solo alla mera “zoè”, ma anzi
assurge alla sua più nobile funzione quando diventa “bìos”.
Ma soprattutto grazie a te, Gigio, ragazzo
di soli 22 anni. Ne è trascorso di tempo da quel tuo esordio in Milan-Sassuolo
del 25 ottobre 2015. Eri poco più di un bambino, ma con la personalità ed il
carisma proprio di un calciatore maturo. Da appassionato di fantacalcio ti
osservai attentamente, e mi bastò poco per riconoscere in te le caratteristiche
del predestinato. Fu un vero colpo di fulmine calcistico. Il tempo mi ha dato
ragione, ma non è stato difficile: i vincenti li riconosci subito. Che bello
sarebbe stato averti ancora nel nostro campionato, in Italia, almeno un altro
anno. San Siro ai tuoi piedi, come è concesso solo ai più grandi.
Ma, purtroppo, è già tempo di ritornare
alla realtà, e nella realtà esistono i contratti ed i “tradimenti” ( così
amiamo definirli noi vecchi romantici del calcio, per i quali la maglia e la
bandiera rappresentano ancora simboli e valori e non meri oggetti di
merchandising). Non volercene, Gigio, questa non è cattiveria, né
ingratitudine, è la delusione di chi sa di dover dire "addio" ad un
grande amore e ad un grande campione. Nonostante tutto, nessun contratto o
"tradimento" potra' sminuire la gioia e l’orgoglio di questa notte
indimenticabile, epica, grandiosa, di cui sei stato protagonista.
Quanto è stato bello vedere il nostro
Presidente Mattarella con la sua posa, serena e rassicurante, in diretta
mondiale, a ricordare a tutti che l’Italia c’è, fiera nella sua storia passata,
presente e futura. E come sarebbe ancor più bello, ahimè, immaginare a noi
italiani come ad un popolo vero, unito, orgoglioso. “Tifate” sempre per il
vostro Paese, tutti i giorni, e non solo durante una partita di calcio!!!
E' stata la serata dei nostri sogni, ora
resterà per sempre la serata dei nostri ricordi, tra quelli più belli, la
nostra luce nel buio quando tra anni riporteremo alla memoria questi tempi
difficili.
La strada verso la normalità, forse, è
ancora lunga ma almeno, da notte,
sappiamo che esiste. E tanto basta, in tempi di pandemia, a dare un sussulto al
cuore, ad urlare al cielo, a sentirsi di nuovo vivi...
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