NELLA CAMPAGNA ELETTORALE DEL PD SPUNTA CHE FINE HANNO FATTO I 200 milioni di debito dei Ds con le banche? Li pagherà lo Stato.
















I rapporti tra il PD (e i suoi “progenitori” Ds) con le banche non sono felicissimi, come dimostra il recente scandalo Monte dei Paschi e, più indietro nel tempo, la vicenda Unipol. La notizia pubblicata oggi sul Fatto Quotidiano a firma di Stefano Feltri mette il dito nella piaga, portando d’attualità il debito di circa 200 milioni di euro che il vecchio partito dei Democratici di sinistra ha con le principali banche italiane, Unicredit in testa.





Questa la vicenda: all’inizio degli anni 2000, sotto la guida di Piero Fassino segretario e Ugo Sposetti tesoriere, i Ds avviarono una “ristrutturazione” del debito contratto dal Pci (e dalle sue successive incarnazioni) nel corso degli anni, con l’aiuto di diverse banche, tra cui la Banca di Roma di Cesare Geronzi, il banchiere di fiducia del partito. Tutto bene finché nel 2007 non avviene la fusione tra Ds e Margherita per dare vita al Partito Democratico: visto che non c’era la certezza che il “matrimonio” sarebbe durato, i due partiti hanno dato vita a una separazione dei beni in modo da poterne tornare in possesso in caso di separazione. I beni della Margherita sono finiti nelle mani di Luigi Lusi, con i risultati che conosciamo, i beni dei Ds invece, che si componevano soprattutto di patrimonio immobiliare, sono stati “donati” alle sezioni federali e a fondazioni amiche. Le banche che hanno chiesto ai Ds (che legalmente esistono ancora e hanno una sede a Roma) la restituzione dei soldi, si sono sentiti rispondere che il partito non li ha più. Così, nel giugno scorso, Unicredit (in cui è confluita la Banca di Roma) si è stufata di aspettare e ha notificato ai Ds un decreto ingiuntivo per annullare la donazione di un immobile di Bergamo dai Ds alla Fondazione Gritti, che già ne detiene 58. E sono diversi altri gli immobili donati contestati dalle banche, che finora si sono dovute accontentare di pignorare 30 milioni di rimborsi elettorali. La versione dei Ds e dell’ex tesoriere Sposetti è che le federazioni sul territorio sono cosa diversa dal partito “Non è che perché si chiamano uguale sono la stessa cosa”, e comunque la soluzione per le banche è facile:

Che problema c’è? Pagherà lo Stato


E infatti c’è una legge, provvidenzialmente modificata nel 2000 dal governo D’Alema, che fornisce una garanzia statale per questo tipo di debiti: se le banche non riusciranno ad avere indietro gli immobili dei Ds, a pagare saranno i contribuenti. Insomma nel 2000, proprio mentre i Ds facevano debiti con le banche, il governo guidato da D’Alema metteva al sicuro i partiti insolventi.


Le banche, però, e soprattutto Unicredit, non disperano di ottenere giustizia dai Ds, e per questo contano anche su un alleato insolito: l’avvocato Antonio Corvasce, un barlettano che sostiene di essere il “vero” presidente dei Ds. Nel 2008, da consigliere comunale, annunciò di rimanere nei Ds e non aderire al Pd, scelta tecnicamente possibile basandosi sui cavilli del regolamento. Nel 2008 i Ds avrebbero avviato un tesseramento, nonostante già esistesse il Pd, in questo modo gli iscritti si sarebbero trovati con una doppia tessera, cosa che avrebbe rappresentato una violazione del regolamento e li avrebbe messi fuori dal partito. Per questo lui sostiene di essere il rappresentante dei Ds (e di avere diritto ai rimborsi elettorali) e accusa Fassino e Sposetti di aver falsificato i verbali d’assemblea e i documenti. Una vicenda giudiziaria a cui ora le banche creditrici dei Ds guardano con interesse.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Bel casino ci vorrebbe Casini

Anonimo ha detto...

Lorenzo aggiornaci con notizie nuove il blog e fermo al 21 2 2013 attendiamo notizie grande pennello

Anonimo ha detto...

Lorenzo grande pennello dacci nuove notiziei