
MIRABILE MANIFESTAZIONE DI FEDE
Come poter dimenticare l'otto settembre 1943!
Quel
giorno, già particolarmente caro al popolo pianese, perchè da oltre un
millennio prescelto per tributare in una forma più sensibile che nel resto
dell'anno tutto il suo affetto puro e sentito, tutta la sua filiale devozione e
riconoscenza alla Gran Madre Celeste, sotto il titolo di «S. MARIA A
MARCIANO», sembrava offuscato da un'insolita nube di tristezza.Fin
dalla vigilia, infatti, il tradizionale entusiasmo di questo popolo di
lavoratori era stato turbato dalla presenza di un gruppo di soldati tede- schi
che si accingevano a piazzare i loro cannoni antiaerei nel Campo Sportivo,
distante solo pochi metri dalla Chiesa Parrocchiale, centro della festa
religiosa.Eppure, la presenza di elementi tedeschi non costituiva in paese una
novità, se si tien conto che anche nei mesi passati, spesso, se ne erano sempre
visti con i loro cannoni, con i loro automezzi carichi di truppe, perfino con i
loro carri armati, attraversare le strade più interne ed accamparsi per più
giorni nelle adiacenze.Se erano, dunque, conosciuti perchè destavano, ora,
tanta preoccupazione?Forse perchè era troppo recente il ricordo delle numerose
incursioni aeree degli ultimi giorni su vari centri abitati della Campania,
specie su Napoli, con rovine irreparabili di monumenti di arte e di edifici
sacri e con vere stragi di cittadini inermi. Forse anche perchè la terribile
incur- sione del 20 agosto su Capua, città che dista solo 13 km. da Piana di Caiazzo,
era stata con terrore osservata un po' da tutti e sperimentata anche nei suoi
effetti deleteri, specie da chi scrive e da un folto gruppo di operai pianesi.
Questi ultimi, impiegati negli Stabilimenti Pirotecnici, in quel giorno fatale,
ebbero la mala sorte di trovarsi al loro posto di lavoro e di sentirsi
scoppiare sul capo centinaia di tonnellate di bombe ad alto potenziale,
lanciate in varie ondate e per 57 minuti consecutivi da mas- sicce formazioni
di «FORTEZZE VOLANTI», provocando incendi che si protrassero
per più ore.La disgrazia di Capua con la sue numerose vittime, con i suoi
ingenti danni, specie all'edificio della Stazione Ferroviaria, ai magnifici
locali del Pirotecnico, alla monumentale Chiesa settecentesca dell'Annunziata,
alle aule ed ai corridoi della fiorente Scuola Media, pesava un po' sul cuore
di tutti i pianesi, perchè ognuno, oltre ad averne di lontano osservato i
foschi bagliori ed inteso anche il fragore assordante degli scoppi, ne aveva
appreso le tragiche conseguenze da chi si era trovato sul posto. Comunque, la
presenza di soldati tedeschi e di automezzi, armati di cannoni antiaerei,
sembrava, questa volta, una vera sfida alla potente aviazione avversaria che,
più volte al giorno sorvolava il Paese, insidiata dalla batteria contraerea,
già piazzata nelle vicinanze.Solo così si può spiegare il motivo della generale
preoccupazione e delle proteste.Si ricorse perfino alle Autorità locali,
affinché si adoperassero a far allontanare dal campo sportivo quella schiera di
armati, che sembrava addirittura un insulto al sentimento religioso di tutto il
popolo. E in parte ci si riuscì, perchè molti di quelli che si erano già
fermati, all'alba del giorno otto, scomparvero, spostandosi altrove con le loro
armi omicide.La festa, però, si svolse tutta in un'atmosfera di fede,
nell'ambito ristretto della Chiesa Parrocchiale. Nessuna manifestazione
esterna, come negli anni precedenti, neppure la tradizionale processione della
Venerata IMMAGINE per le vie principali del Paese: solo il canto liturgico
della Messa Solenne e la voce grave e commossa dell' oratore, implorante, nella
Orazione Panegirica, dalla Gran Madre di Dio e madre nostra, la sospirata pace
per questo popolo, per l'Italia, per il mondo angosciato e sconvolto.Un'insolita
gioia, però, che contrastava con la cruda realtà degli eventi, si notava quel
giorno sul volto di tutti. Ognuno era intimamente persuaso, pur senza poterne
addurre un valido motivo, che, quel giorno stesso una notizia sensazionale
avrebbe sollevato gli animi abbattuti.Tanto può la fede di un popolo credente e
intimamente legato alla sua Madre Celeste.E la notizia, ardentemente bramata,
venne nel tardo pomeriggio, mentre la gran folla dei fedeli si disponeva, in
devoto raccoglimento, a varcare la sacra soglia del Tempio per assistere
alle funzioni religiose della sera.Qualcuno aveva inteso per radio il
«Messaggio del Maresciallo Badoglio», che annunziava al popolo italiano
l'armistizio concluso fin dal giorno 3 settembre con gli eserciti
Anglo-Americani. E la lieta novella, passando di bocca in bocca, provocò
una insolita manifestazione di fede nel popolo pianese, che ne attribuiva tutto
il merito alla sua Taumaturga Patrona.Un grido di gioia, infatti, partì da
migliaia di petti ed in pochi istanti una vera fiumana di gente, di ogni ceto e
di ogni età, si riversò nel Sacro Tempio, unicamente per effondere ai piedi
della Gran Madre Celeste tutta la piena di un affetto puro e sentito.Alla
commovente manifestazione di fede del popolo, si unì un distaccamento di
soldati Italiani del X Genio che, da vari giorni, erano accampati nei pressi
del Volturno a qualche chilometro dal Paese.Questi fieri difensori della Patria
e nobili assertori della Fede, dopo essersi umilmente prostrati dinanzi
all'Altare Maggiore in devoto racco- glimento, ad un tratto, come spinti da una
forza misteriosa, si diressero verso il Trono su cui, tra fiori olezzanti e
ceri era collocato il Simulacro prodigioso della VERGINE e tra le lacrime
di commozione di tutti i fedeli, sollevarono la pesante immagine della
Taumaturga Regina del Cielo e della Terra, affinché attraversasse
benedicente le strade del paese. La folla tutta comprese l'alto significato del
nobilissimo gesto e si unì ai genieri con profonda commozione.Difficilmente, il
ricordo di quella sera dell'otto settembre 1943 potrà cancellarsi dall'animo di
tutti coloro che vissero quell'ora di glorifica- zione e di Fede. La Preghiera
scaturiva spontanea dal cuore di migliaia di fedeli che, nel simbolismo dei
canti liturgici, manifestavano, in una forma più sensibile la purezza della
loro fede ardente, della loro intima commozione, della loro eterna
riconoscenza.Gli abitanti del paese, sembravano triplicati, forse perchè
proprio nessuno era rimasto in casa. Mai si era vista una folla più fitta, più
com- posta, più animata dagli stessi sentimenti.Anche il Sacro Volto della
VERGINE, a chi l'avesse guardato con spirito di fede, sembrava sorridere al suo
popolo fedele.Fu quella davvero una parentesi lieta e serena, dopo oltre tre
anni di lotte, di sangue, di preoccupazioni, di angosce indicibili; ma,
sventuratamente, troppo breve, troppo fugace.Era, infatti, appena cessata l'eco
dei canti liturgici, era appena rientrato in Chiesa il sacro corteo ed ognuno
si disponeva a ritornare a casa, commentando il grandioso avvenimento con la
certezza in cuore di un avvenire più lieto, quando una paurosa constatazione
venne a turbare la gioia intima di quella sera di festa.Chi avesse, infatti,
rivolto lo sguardo, come sempre, verso il cielo di Napoli, sarebbe rimasto
sorpreso dal chiarore di potenti riflettori, che sembravano esplorare tutto
l'orizzonte come in cerca di un qualcosa di misterioso.Come mai, dopo
l'annunzio ufficiale di un armistizio, quegli stessi riflettori che nelle sere
precedenti si erano incrociati tra gli aeroplani nemici, come per precludere ad
essi la rotta verso la Città, continuavano,ora, a compiere la medesima
funzione?Si era, forse, mutata la situazione?Ecco gl'interrogativi angosciosi
che ognuno si rivolgeva, senza saper trovare un'adeguata risposta.Non si
pensava, però, neanche lontanamente a nuove incursioni, a nuove stragi, tanto è
vero che gli stessi soldati si erano resi promotori di una Messa Solenne di
ringraziamento, che si sarebbe dovuta celebrare la mattina seguente nella
Chiesa Parrocchiale e alla quale desideravamo assistere tutti.
ORA COMINCIA LA GUERRA
Fin dal primo annunzio dell'armistizio, qualcuno
anche in Paese, invece di prendere parte al gaudio universale, aveva esclamato con
un certo senso di accoramento: «È inutile più farsi illusioni! Ora
comincia per noi la vera guerra!»E la guerra davvero cominciava per
l'Italia il 9 settembre 1943.Cosa era avvenuto durante la notte? Quali ordini
erano stati diramati dal Gran Quartiere Generale Tedesco alle truppe distaccate
in Italia?Quale tradimento era stato perpetrato a danno della Nazione da
elementi fascisti che approfittavano, forse, del momento per prendersi la
rivincita dello scacco subito il 25 luglio?A tutti questi interrogativi, si può
rispondere, in parte, esaminando alcuni particolari del discorso che il Fuhrer
rivolgeva per RADIO al popolo tedesco il 10 settembre, e cioè due giorni dopo
la pubblicazione dell'armistizio.Egli diceva tra l'altro: «la
capitolazione Italiana va attribuita non ad impossibilità di resistenza e a
deficienza di aiuti da parte della Ger- mania, ma alla volontà di elementi che
da anni miravano al passaggio del Comando di Stato Maggiore Italiano dal REICH,
alleato dell'Italia, ai comuni nemici.
E, dopo aver deplorato il trattamento riservato a MUSSOLINI e protestato
anche contro la condotta del Maresciallo Badoglio, reo di non aver avvisato gli
alleati, affermava che, per parare il colpo, si sarebbero presi
provvedimenti «molto duri» concludeva che
la sorte dell'Italia avrebbe dovuto servire da lezione per tutti.Dopo queste
dure parole, che noi apprendemmo solo il 15 settembre, quando cioè il discorso
del Fuhrer fu pubblicato dai giornali italiani, non c'è da meravigliarsi se
Forze Tedesche, si sostituirono ai Presidi Italiani in Francia e nell'Europa
Meridionale, impegnando una lotta con essi per disarmarli; non c'è, dunque, da
meravigliarsi se, anche in Italia, iniziarono da parte dei tedeschi, operazioni
per occupare i principali punti strategici.Si spiega così l'improvvisa
disorganizzazione dell'Esercito Italiano non preparato a questo duro colpo;
disorganizzazione fomentata anche da Generali di marca fascista, che,
abbandonando il loro posto di responsabilità, permisero alle orde tedesche di
occupare a mano armata le caserme, costringendo quello che fu il glorioso
Esercito Italiano, a deporre le armi. Tutto questo, naturalmente,
non poteva conoscersi a Piana di Caiazzo la
mattina del 9 settembre, mentre il Popolo si raccoglieva, devoto, nella sua
Parrocchia per esprimere insieme al Distaccamento Militare, accampato nei
pressi del Paese, tutta la sua riconoscenza a S. MARIA A MARCIANO.
I Genieri, dopo quanto successo, non poterono intervenire alla Cerimonia, ma la
Messa Solenne fu ugualmente celebrata. Alla fine, quando il Sacerdote si
disponeva a lasciare l'Altare, una tragica scena mutò la gioia di tutti in
pianto disperato. Alle fervide espressioni di fede, succe- devano quelle
invocanti soccorso e, da ogni labbra, da ogni petto, si levava una sola
voce«Vergine Santa, Salvaci» Perché questo rapido mutamento di scena? Le ultime
note dell'organo erano state coperte dal rombo potente di una massiccia
formazione di aeroplani, che sorvolavano il Paese e si dirigevano verso Capua.
E, dopo qualche minuto, un fuoco infernale, che scosse dalle fondamenta ogni
casa, fece prevedere che il luogo colpito doveva essere stato ormai ridotto in
un ammasso di rovine.Qualche ora dopo, infatti, si seppe che Capua, la turrita
città medioevale, sede di istituti culturali, di un vasto aeroporto, di un
laboratorio pirotecnico tra i primi d'Italia, di vari stabilimenti industriali,
colpita nei suoi punti più vitali, offriva ormai l'aspetto di un grande
infelice muti lato.
Per distruggere i tre ponti del VOLTURNO,
di cui uno dell'epoca Romana e tagliare così la ritirata ai tedeschi, i nuovi
alleati avevano dovuto, forse senza un determinato proposito, gettare Capua
nella desolazione e nel terrore.
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