Oggi pomeriggio ci saranno i funerali di Pasquale Romano, il ragazzo ucciso per errore, per una somiglianza, lunedì scorso a Marianella.
Ieri i genitori di Lino, hanno scritto questa lettera straziante al Ministro Cancellieri, una lettera per le istituzioni, ma che riguarda tutti, anche noi. QUESTO È IL DOLORE DI DUE PERSONE, IL DOLORE PIÙ LANCINANTE.
“Signor ministro dell’Interno, chi le scrive non ha
più un futuro. Siamo i genitori di Pasquale Romano, ucciso lunedì scorso mentre
con i suoi trent’anni, che tali rimarranno per sempre nella nostra memoria, con
i suoi progetti per il futuro, con la sua voglia di vivere, usciva da casa
della sua fidanzata, per andare a giocare a calcetto. Nostro figlio era una
persona normale, per noi genitori sicuramente speciale. Aveva un lavoro. Aveva
progetti. Voleva avere una famiglia tutta sua, da costruire con le sue forze.
E, invece, la sua vita gli è stata strappata sulla pubblica via. Al confine con
Scampia, in un quartiere che non appartiene più alla comunità del nostro Stato,
ma che è irrimediabilmente perduto. Consegnato a chi avvelena migliaia di
giovani, uccidendoli giorno dopo giorno, lasciato in mano a chi, di fatto, ha
in mano la vita di noi tutti, decidendo se dobbiamo vivere o morire. Hanno ucciso
nostro figlio. Da quella sera nel nostro cammino non c’è più un orizzonte, e se
ci voltiamo indietro non vediamo più l’orma dei nostri passi. Signor Ministro,
le chiediamo perché. Le chiediamo com’è possibile perdere così la vita in
questo modo. Le chiediamo perché, in questo posto maledetto, si continua a
uccidere e a uccidere ancora innocenti, che muoiono perché escono di casa,
vanno a prendere i figli a scuola, tornano dalla spesa o si affacciano da un
balcone. Che senso ha morire così? Che senso ha morire a trent’anni? Che senso
può avere la nostra disperazione di genitori a cui è stato strappato dal cuore
un figlio, solo perché si ostinano a dire che era «nel posto sbagliato al
momento sbagliato»? Nostro figlio, invece, era al posto giusto al momento
giusto. Ella può ancora garantire alle persone di avere il diritto a vivere e
di muoversi per strada senza guardarsi intorno e senza preoccuparsi delle
ombre? Non le pesa tutto questo? Ella è a conoscenza del fatto che sono già più
di seicento le persone uccise per «sbaglio» (un termine orribile) dalla
criminalità? Questa crudele lista dovrà continuare ancora? Abbiamo perso un
figlio. E non ci sono parole per definire il senso del dolore che proviamo da
poche ore ma che ci sembra davvero antico. Le chiediamo giustizia. E una
sicurezza che qui non esiste ancora, e che forse non è mai esistita. Le
chiediamo ancora di provvedere affinché tutto questo non abbia a ripetersi mai
più. Signor Ministro, non esiste nella nostra lingua, e nemmeno nelle altre,
alcun termine per definire chi perde un figlio. Una condizione che non è stata
mai immaginata, ma che a Scampia è invece all’ordine del giorno.”
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