I dati sulla percentuale di pagamenti fatti con carta e in contanti nel nostro Paese, e come siamo messi rispetto al resto dell'Eurozona.
Nelle ultime settimane si è tornato a parlare dell’opportunità di incentivare i pagamenti elettronici e disincentivare l’utilizzo del contante, anche in funzione di contrasto all’evasione fiscale. Per prima cosa, vediamo meglio che cos’è stato proposto.
Le proposte di governo e Confindustria
Il programma di governo Pd-M5s ha un paragrafo dedicato esplicitamente alla necessità di "potenziare la lotta [...] all’evasione fiscale [...] agevolando, estendendo e potenziando i pagamenti elettronici obbligatori e riducendo drasticamente i costi di transazione".
Confindustria, poi, l’11 settembre ha diffuso due proposte elaborate dal suo Centro studi, per contrastare l’utilizzo del contante. La prima prevede di "garantire un credito di imposta del 2 per cento al cliente che effettua i pagamenti mediante transazioni elettroniche (incentivo all’uso della moneta elettronica)". La seconda di "introdurre una commissione in percentuale dei prelievi da ATM o sportello eccedenti una certa soglia mensile (disincentivo allʼuso del contante)".
Secondo la Confindustria, infatti, "per scoraggiare l’evasione soprattutto nel settore distributivo e in presenza di transazioni regolate in contanti occorre stimolare l’uso di strumenti di pagamento tracciabili, soprattutto della moneta elettronica, riducendo l’uso del contante anche per transazioni di valore limitato".
Ma qual è la situazione in Italia per quanto riguarda l’utilizzo del contante? E come siamo messi rispetto al resto d’Europa? Vediamo i dettagli.
Noi di RINASCITA PIANESE facciamo notare che la lotta all’evasione si fa si con i pagamenti elettronici e anche abbassando le tasse che sono spropositate e fatte per reggere l’evasione.
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